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lunedì 20 gennaio 2014

La bellezza segreta dell'imperfezione


Mi piacciono persone che sono come me, che hanno le stesse stranezze, la stessa curva di particolarità, il peso delle esperienze e una certa eccentricità. Mi piacciono persone come me, che conservano la loro bellezza nell’imperfezione, nelle tracce di non banalità.

~Charles Bukowski 



Adoro questa frase di Bukowski in cui mi rispecchio totalmente. Mi affascina soprattutto la sintesi dell'espressione "curva di particolarità" capace di dischiudere nella mia mente tutte le molteplici sfumature dell’essere e gli infiniti modi di sentire. Ma ancor di più mi piace il richiamo alla bellezza dell’imperfezione, specie in questi tempi popolati da tanti, troppi, aspiranti cloni.
Non c'è dubbio che nella dicotomia tra perfetto e imperfetto io sia assolutamente schierata per l'imperfezione. Come Karl Kraus del resto, che a tal proposito sentenziava: «Per essere perfetto gli mancava solo un difetto».
Ebbene, anch’io nutro poca simpatia per la perfezione. Sarà che mi appare algida, astratta, distante dal calore immediato che suscita la spontanea umanità. Non c'è tensione, pathos o vibrazione in qualcosa di perfetto. Un diamante ad esempio, nello splendore della sua forma e della sua luce, mi può lasciare ammirata, stupefatta forse, ma difficilmente riuscirà a toccare le corde profonde della mia anima. La perfezione insomma la percepisco così: semplicemente distante da me.
Rita Levi Montalcini nel suo saggio-biografia “Elogio dell’imperfezione” sostiene che il cervello umano, a differenza di quello degli insetti, è imperfetto ma proprio grazie a questo limite è stato capace di evolvere. Il cervello di uno scarafaggio invece, pur nella sua perfezione, non è che la copia conforme del suo antenato vissuto centinaia di milioni di anni fa. È pertanto nella capacità di cambiare e di migliorarci il segreto della nostra affascinante avventura evolutiva.
In Giappone esiste una parola Wabi-sabi, 侘寂, che può essere grossolanamente ricondotta al concetto di “bellezza dell’imperfezione”. In realtà il termine racchiude in se una visione estetica imperniata sulla transitorietà delle cose che può tradursi in "bellezza imperfetta, impermanente e incompleta".
Non so esattamente cosa sia la perfezione, ma a mio avviso la bellezza è nella personalità, nell’unicità, nel gioco dei contrasti, in ciò che rimane oltre l'apparenza. È il cogliere, nella fugacità di un attimo, l'eterno ed immanente.
Una ruga, un difetto, un'espressione, un’anomalia, sono come impronte digitali, il marchio esclusivo della nostra individualità. Noi umani, nella nostra imperfezione, abbiamo questo di bello: abbiamo rivolto lo sguardo al cielo, dato un nome alle stelle, ci siamo sforzati di ricercare un senso, abbiamo osato sfidare i nostri limiti.
In questo senso l'imperfezione è decisamente un dono. Se fossimo perfetti non avremmo motivi per cambiare nè tantomeno stimoli per evolverci. 
Insomma trovo l'imperfezione una nuova frontiera del gusto, una forma sublime di libertà d’espressione. E come tale non posso farne a meno!







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